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Diario

Bibbia e… letteratura

Quando attinge ai personaggi, alle storie e ai valori della Bibbia, la letteratura suscita nelle persone il desiderio di prendersi cura della propria relazione con Dio, con se stessi, con gli altri e con il creato. Questo avviene specialmente nella Divina Commedia, la quale «è una grande e complessiva “citazione” della Bibbia» (G. Ravasi) e rappresenta la Sacra Scrittura come un magnifico corteo (cf Pg XXIX 43-150). Con l’ardore di un padre della Chiesa, Dante scrive la Divina Commedia per generare alla fede, la quale «riempie – dal fondamento alla sommità, in tutte le parti – di luce e di calore questo tempio di poesia, che è tempio di fede» (papa san Paolo VI).

All’inizio del suo cammino Dante grida: «Miserere di me» (If I 65), la supplica del Sal 51 («Pietà di me»), che la tradizione attribuiva a Davide; al termine del suo viaggio evoca la stessa preghiera: «Miserere mei» (Pd XXXII 12): Dante fonda «la sua identità attraverso l’assunzione del modello biblico di David, in quanto peccatore pentito che invoca il perdono divino e intraprende un cammino di penitenza» (G. Ledda).

Conquistato dalla Bibbia, «divina favella» (Pd XXIV 99), Dante esorta ad affidarsi al Padre come «a quei che volentier perdona» (Pg III 120), perché solo «e ‘n la sua volontade è nostra pace» (Pg III 85); a scoprire nel Figlio colui «ch’aprì le strade tra ‘l cielo e la terra» (Pd XXIII 38), perché solo Gesù è «l’Agnel di Dio che le peccata leva» (Pg XVI 18); a sperimentare lo Spirito Santo come «primo amore» (If III 6, Pd VI 11), «etterno amore» (Pd VII 33) e «caldo amor» (Pd XIII 79), perché solo il fuoco de «l’ardente Spirito» (Pd XXIV 138) può trasformare la nostra vita, aiutandoci a compiere scelte per il bene comune: «Il lettore che Dante desidera non è quello interessato da un punto di vista estetico o storico. Ma quello che raccoglie la sfida e poi agisce» (R. Guardini).

Custodendo nel proprio cuore «la divina Scrittura» (Pd XXIX 90), Dante sperimenta la maternità di Maria: è Maria che soccorre Dante – tramite l’intervento di santa Lucia, Beatrice e Virgilio – per farlo uscire dalla selva oscura (cf If II). È a Maria che Dante si rivolge, con la preghiera di san Bernardo, per poter vedere Dio (cf Pd XXXIII). Dante evoca la sua quotidiana assiduità nel pregare l’Ave Maria riferendosi al «nome del bel fior ch’io sempre invoco/e mane e sera» (Pd XXIII 88-89).

L’approdo del viaggio di Dante è la visione della Trinità, «Quell’uno e due e tre che sempre vive/e regna sempre in tre e ‘n due e ‘n uno» (Pd XIV 28-29), nell’immagine dei tre cerchi di tre colori diversi ma della stessa dimensione. Nel secondo cerchio, che rappresenta il Figlio, a Dante appare un volto umano, il volto di Gesù: nel cuore della divinità, la sorprendente presenza dell’immagine umana, «la nostra effige» (Pd XXXIII 131), perché «il compimento dell’intera opera sta in questo, che a Dante, per dirla con Paolo, viene donata “la conoscenza di Gesù Cristo, che eccede ogni intelletto”. Tutto quel che viene prima prepara ad esso e da esso riceve dunque il suo significato» (R. Guardini).

«Dante, profeta di speranza» (Papa Francesco), aveva sperato nel rinnovamento della Chiesa e nella pace tra gli uomini. Il giorno precedente la chiusura del Concilio Vaticano II, papa san Paolo VI pubblica la lettera apostolica Altissimi cantus sull’opera di Dante e, il giorno dopo, dona ai padri conciliari una copia della Divina Commedia, «quasi a esortarli a portare in tutto il mondo il messaggio del poeta» (V. Merla).

Dal settimanale: Vita Trentina del 2 agosto 2020

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